.

I CONSIGLI DI ENZO PER UNA CORRETTA FORMAZIONE DEL FRUTTETO FAMILIARE

Per la corretta realizzazione del tuo frutteto, ecco tutti i passaggi necessari, dalla preparazione del terreno alla raccolta dei frutti, consigliati da Enzo Maioli.

Il trapianto causa inevitabilmente uno stress alla pianta, pertanto, proprio in questa fase, è importante non commettere errori per non rischiare di compromettere l’attecchimento della pianta e il futuro sviluppo della stessa.

Prima di iniziare la posa a dimora delle piante, occorre impostare il frutteto, prendere in considerazione tutti gli elementi di criticità e tenere a mente alcuni consigli utili. Una buona partenza è fondamentale per avere nel tempo un ottimo risultato.

Di fondamentale importanza è la scelta dell’ubicazione del frutteto, il luogo adatto rende la riuscita della coltivazione molto più semplice e gestibile. Se possibile, la scelta deve ricadere su zone lontane da fonti di inquinamento e distanti da luoghi in cui vengono effettuati trattamenti chimici diserbanti ed antiparassitari.

Altro fattore fondamentale per individuare correttamente quali piante utilizzare e quali interventi eseguire per la riuscita dell’impianto, è la conoscenza delle caratteristiche pedoclimatiche della zona selezionata, quali temperatura, esposizione, precipitazioni, umidita, tessitura e composizione del suolo con relativi nutrienti presenti e pH.

Un parametro fondamentale ma spesso sottovalutato è la disponibilità d’acqua, ovvero se nella progettazione futura dell’impianto, sia possibile realizzare un impianto di irrigazione o effettuare solo irrigazioni di soccorso.

A seconda del caso si dovranno scegliere certe piante e soprattutto portinnesti diversi, nel caso di irrigazione di soccorso si dovranno scegliere portinnesti più vigorosi capaci di andare ad esplorare il terreno più in profondità e risentire meno dei momenti di siccità, al contrario se ci sarà la possibilità di creare un impianto di irrigazione la scelta varietale e di portinnesti verrà determinata da altri parametri ( tempistica di messa a frutto, spazio disponibile, gestione frutteto ecc…) 

Nella progettazione del frutteto e disposizione delle piante, è importante tenere a mente alcune linee guida:

- favorire l’esposizione e l’illuminazione con orientamento nord-sud, nelle regioni settentrionali, per garantire la migliore insolazione delle piante. Nelle regioni meridionali e centrali, invece, è preferire optare per un orientamento est-ovest, per proteggere il frutteto da un eccesiva esposizione solare, evitando cosi bruciature.

Ovviamente l’esposizione dipende anche dalle caratteristiche delle piante scelte, ad esempio nel caso di inserimento di frutti minori come mirtilli comuni, risulta importante la possibilità di avere terreni non troppo esposti al sole soprattutto nelle ore più calde.

- stabilire la distanza tra le piante in funzione dello sviluppo che raggiungeranno da adulte, tenendo in considerazione la fertilità del terreno e i diversi portainnesti che influenzano la capacità di adattamento della pianta al terreno stesso. Piante a medio sviluppo (come peschi e meli su portainnesti deboli) necessitano di 15 mq, mentre per piante che raggiungono uno sviluppo maggiore (ciliegi, susini, albicocchi, meli e peri innestati su portainnesti vigorosi) si può arrivare fino a 30 mq.

- per ottenere frutta buona da mangiare, occorre che questa riceva luce e aria. Piante troppo fitte causerebbero una scarsa produzione, con frutta priva di colore e sapore inoltre sarebbero più facilmente soggette ad attacchi di marciume; consigliamo pertanto di mettere qualche pianta in meno rispetto a quelle che risulterebbero da un preciso calcolo matematico, per garantire che l’aria e la luce del sole possano filtrare tra i rami.

Una buona aereazione fra le piante non determina solo una ottima produzione di frutta ma permette anche di avere piante più sane e che richiedano meno interventi con fitofarmaci;

- evitare di mettere a dimora alberi da frutto sotto grandi piante esistenti o dove siano stati da poco estirpati altri alberi in particolare della stessa specie;

- rispettare le distanze dai confini dei vicini previste per legge (attualmente 3 metri);

- in generale la vicinanza di più piante della stessa specie favorisce una maggior produzione; occorre poi considerare che alcune varietà sono autosterili e necessitano del polline di un’altra varietà, pertanto in questi casi sarà necessario collocare vicino alla pianta autosterile un esemplare della stessa specie, in particolare una varietà impollinatrice.

Per chi non ha a disposizione un giardino dove inserire qualche pianta da frutto o un appezzamento di terreno per realizzare un piccolo frutteto familiare, ricordiamo che abbiamo anche piante adatte a essere coltivate in vaso su balconi o terrazzi o in generale in piccoli spazi. Nella scelta ci si può orientare in particolare su piante con un apparato radicale piuttosto ridotto e su varietà con una buona resistenza alle malattie, questo al fine di ridurre al minimo i trattamenti necessari soprattutto quando si ha a che fare con poche piante posizionate ad esempio su un balcone e quindi molto vicine ai luoghi dove si vive.

Per un’ottimale sesto d’impianto, occorre tenere ben presenti alcuni parametri fondamentali, come la forma d’allevamento desiderata, vigoria e comportamento della pianta e del relativo portinnesto ed fine la fertilità del suolo. Importante è anche considerare l’eventuale passaggio di mezzi per la lavorazione e adeguare le distanze tra le fila per permettere le pratiche agricole con maggiore facilità.

Il sesto d’impianto maggiormente utilizzato per le piante da frutto è di 4x4, con una distanza di 4 metri tra una pianta e l’altra e 4 metri tra un filare e quello successivo.

Una valida alternativa è la disposizione a quinconce, in cui le piante vengono posizionate su ciascun filare in modo sfalsato rispetto ai filari adiacenti; questo metodo consente di evitare l’ombreggiamento delle piante, ma la loro altezza non deve superare la distanza tenuta tra i filari, altrimenti tutto sarà inutile.

Consigliamo di preparare la buca almeno un mese prima della posa della pianta, per far sì che il terreno, esposto agli agenti atmosferici, tenda a sbriciolarsi e diventare farinoso: un terreno di tessitura fine eviterà, al momento della posa, che possano rimanere spazio vuoti tra le radici.

La buca deve avere un diametro di almeno 50-60 cm e la stessa misura sarà valida anche per la profondità. Per le ampie superfici si può eseguire un’aratura a una profondità di 50 cm previa distribuzione di letame ben stagionato (almeno 2 anni), procedendo poi ad una ulteriore lavorazione di affinamento, utile anche per livellare il terreno smosso.

Nel caso di un terreno particolarmente pensante si consiglia di fare una buca più profonda 70x70 cm ed inserire in fondo alla buca sassi per favorire il drenaggio, inoltre è consigliabile mischiare il terreno agricolo con del terriccio in maniera da creare condizioni ottimali all’interno della buca per favorire lo sviluppo dell’apparato radicale almeno nei primi anni di sviluppo della pianta.

Qualora nello stesso terreno fossero stati presenti in precedenza altri alberi da frutto, si consiglia di spolverare la buca con solfato di ferro per spegnere eventuali funghi nel terreno.

Per quanto riguarda le piante a radice nuda (astoni), il trapianto si può eseguire da quando termina la caduta delle foglie, quindi indicativamente da fine novembre (in funzione dell’andamento stagionale), e fino alla fine di marzo.

E’ importante non effettuare il trapianto quando il terreno è troppo bagnato o gelato.

Ricordo che la pianta a radice nuda deve essere posta a dimora nel più breve tempo possibile, (evitando l’esposizione delle radici all’aria) in quanto l’esposizione delle radici al sole e al vento ne provocano la disidratazione e rendono poi più difficile l’attecchimento della pianta stessa.

Meno problemi da questo punto di vista si avranno nel caso di piante in vaso. Queste possono essere messe a dimora tutto l’anno, avendo però cura, qualora si effettui il trapianto nei mesi più caldi, di verificare che ci sia un’innaffiatura costante e regolare.

Per l’acquisto delle piante, consigliamo sempre di rivolgersi a centri specializzati controllando bene la freschezza della pianta e lo stato di salute della stessa.

Prima della posa a dimora, degli astoni effettuare una leggera potatura delle radici più grosse, lasciando invece quelle più fini che garantiranno alla pianta il sostentamento dopo il trapianto. Togliere eventuali radici spezzate e rinnovare il taglio delle stesse permette una cicatrizzazione più rapida e la formazione del cosiddetto “callo”, da cui si formeranno nuove radici.

Nel caso, invece di trapianto di piante in vaso, è importante rompere il panetto di terra e “aprire” le radici, anche con l’utilizzo di forbici, in maniera da favorire lo sviluppo e l’attecchimento dell’apparato stesso.

E’ importante, nel caso di piante a radice nuda, eseguire la pratica dell’inzaffardatura. E’ un’antica tecnica che consiste nell’immergere le radici della pianta (prima di posare la stessa nella buca) in una poltiglia preparata con acqua, concime organico, terra, torba e fungicida in povere. Oltre a garantire una buona idratazione, questo accorgimento fa sì che le radici rimangano coperte da questa poltiglia ricca di sostanze che stimolano l’attecchimento.

Qualora non fosse possibile mettere a dimora le piante in tempi rapidi dal loro arrivo, è necessario riparare le radici effettuando la cosiddetta tagliola, coprendo cioè interamente l’apparato radicale con terriccio, sabbia o segatura, proteggendo cosi il rizoma da gelo, sole e vento, evitando la disidratazione e la conseguente morte della pianta.

Molta attenzione occorre porre nel collocare la pianta alla giusta profondità: il colletto deve essere pari al livello del terreno e il punto di innesto deve rimanere fuori dal livello del terreno di circa 10 cm. Piante poste troppo in profondità nel terreno potrebbero soffrire di asfissia radicale, causa di seri problemi di crescita. Ancora maggiore riguardo bisognerà avere nel caso di terreni argillosi e impermeabili.

In questo caso è buona norma scavare una buca più profonda e porre sul fondo uno strato di almeno 2° centimetri di calcinacci o lapillo per permettere un buon drenaggio ed evitare marciumi radicali.

Le piante di ciliegio, in particolare, non sopportano i ristagni d’acqua, quindi per questa specie sarà ancora più importante una corretta collocazione nel terreno.

Non è consigliabile mettere concime minerale nella buca perché potrebbe ustionare le giovani radici. Se si ha invece a disposizione del letame maturo (di 2 anni), lo si può miscelare al terreno; in alternativa si può utilizzare un po’ di torba o di sabbia, sostanze che aiutano la radicazione ( es. micorrize).

E’ importante, prima di chiudere completamente la buca, innaffiare abbondantemente e creare una conca, o zanella, per facilitare il contenimento dell’acqua.

Per evitare la crescita di infestanti e la formazione di crepe nel terreno, possiamo ultimare il lavoro di posa con uno strato di pacciamatura del diametro di 50 cm. Consigliamo di non collocare vicino alla pianta residui di potatura macinati in quanto portano malattie fungine, né foglie o erba perché possono fermentare. Consiglieremmo invece film di plastica nera o dischi in fibra di cocco, ma non dimentichiamo anche i metodi “naturali” come una leggera sarchiatura sia manuale che meccanica.

Per chi opera in zone esposte ad animali come lepri o caprioli, consigliamo di collocare intorno ai tronchi apposite protezioni.

Ricordiamo sempre che il terreno smosso scende, dopo l’assestamento, di circa 20 cm, pertanto al momento del trapianto sarà importante valutare bene il livello della pianta.

Alla fine del trapianto, alleggerire la vegetazione del 50% favorisce la ripresa vegetativa.

Come detto in precedenza, esistono sostanzialmente due categorie di portainnesti: portainnesti deboli, che vegetano poco e fanno sì che le piante vadano prima in produzione, e portainnesti più vigorosi, che portano a un maggiore sviluppo della pianta a fronte di una entrata in produzione posticipata nel tempo ( questo portinnesto però garantisce un ottimale sviluppo dell’apparato radicale fondamentale soprattutto in terreni difficili e in periodi siccitosi)

Il tutore è di fondamentale importanza per le piante innestate su portainnesti deboli fondamentali per un ottimale ancoraggio al terreno ed evitare sradicamenti conseguenti ad eventi atmosferici particolari o condizioni pedoclimatiche limitanti, si consiglia di posizionare un palo tutore in modo che la pianta non si muova al momento dell’emissione di nuove radici e allo stesso tempo cresca dritta. Il tutore è comunque consigliato anche per piante su portainnesti vigorosi.

Per gli alberi da frutto generalmente viene utilizzato un palo di castagno di 8 centimetri di diametro (con altezza variabile in base alla pianta da tutelare), opportunamente trattato per resistere agli agenti atmosferici e appuntito alla base.

Per rendere efficace l’azione del tutore, è necessario conficcarlo nel terreno fino all’altezza del ramo più basso della pianta e in ogni caso ad almeno 45 centimetri di profondità, l’albero dovrà rimanere distante 5 cm dal palo di sostegno ed essere fissato con filo di ferro plastificato oppure mediante speciali fermagli di plastica per alberi. E’ buona norma mantenere il tutore per almeno 2 anni, in modo da assicurarsi un ancoraggio ottimale delle radici.

Nel caso in cui non fosse sufficiente un unico tutore di ancoraggio, possono essere aggiunti (seguendo le modalità descritte in precedenza) uno o due pali supplementari posizionati a triangolo intorno alla pianta ed opportunamente legati.

Il concime in generale non crea problemi, ma per il frutteto familiare consigliamo di usarne con moderazione, in particolare quello minerale.

Dobbiamo tenere presente che le fasi di ripresa vegetativa - fioritura, accrescimento del frutto, e maturazione dello stesso -  sono periodi in cui la pianta è sottoposta a stress, pertanto è proprio in questi momenti che è importante sostenerla con una idonea concimazione:

  • dopo la caduta delle foglie, effettuare una concimazione organica con stallatico maturo o stallatico pellettato di bovino o equino (evitare invece la pollina);
  • Per tutti i fruttiferi una regola fondamentale è quella di utilizzare, in fase di bottoni fiorali, concimazioni fogliare con Boro.

Questo elemento è fondamentale per il buono sviluppo del budello pollinico e per garantire un’adeguata allegagione dei fiori; soprattutto nelle stagioni in cui i fattori climatici sono avversi e in quelle varietà poco fruttifere.

  • durante la fase di fioritura si può intervenire con concime misto organico ad alto contenuto di fosforo, in ragione di 50 gr per esemplare, per aiutare la pianta a rinforzare l’apparato;
  • in terreni molto poveri, per aiutare le piante a far crescere la frutta, possiamo intervenire nella stagione estiva con potassio in ragione di 50 gr per ciascuna pianta, evitando distribuzioni in prossimità della maturazione;
  • ci sono piante, come i peschi, i kiwi e i peri innestati su cotogno, che, piantati in terreni difficili con pH superiore a 8 ed elevato contenuto di calcare, mostrano segni di ingiallimento fogliare (clorosi) manifestando al contempo una crescita molto ridotta; in questi casi è importante intervenire quando si presentano i primi sintomi di ingiallimento: diluire 50 gr di chelato di ferro in circa 30 lt di acqua e distribuire la soluzione in corrispondenza di tutto l’apparato radicale assorbente, individuabile considerando la proiezione a terra del raggio della chioma. E’ importante somministrare il prodotto in giornate prive di sole o con scarsa luminosità o eventualmente interrarlo, in quanto i chelati sono facilmente degradati dai raggi ultravioletti.
  • in presenza di piante con scarsa vegetazione o terreni argillosi, si consiglia di ripetere una concimazione ad aprile-maggio con concime misto organico-minerale, col quale si apporta non solo azoto, ma anche fosforo, potassio, calcio e magnesio pienamente disponibili grazie alla frazione organica.
  • Per quanto riguarda la vite, conviene non esagerare con le concimazioni a base di azoto, in quanto questo elemento potrebbe determinare un eccesso di vigoria vegetativa e quindi una notevole produzione fogliare, con conseguente ombreggiatura dei grappoli e producendo così condizioni favorevoli per le malattie fungine.
  • La vite necessita invece di: boro nel periodo della fioritura; potassio, che favorisce il tasso zuccherino e regola l’acidità; ferro, che regola la fotosintesi clorofilliana nei terreni calcarei argillosi e aiuta a prevenire l’ingiallimento delle foglie; fosforo, molto utile nel processo di maturazione del legno e rendendo la vite più resistente alle malattie ed agli stress invernali da freddo.

 

Una pratica molto usata ed utile può essere quella dell’inerbimento completo o dell’interfila, utile per ridurre fenomeni erosivi (in caso di terreno in pendenza) ed i danni da scottature per irraggiamento. Creando un ambiente favorevole per gli insetti utili, determina una maggiore disponibilità di fosforo, potassio e sostanza organica per le radici degli alberi, a patto che l’erba venga tritata sul posto.

I frutti antichi necessitano di pochi trattamenti di difesa, essendo varietà che la natura ha selezionato per adattabilità, rusticità e maggiore resistenza a malattie.

Alla caduta delle foglie, consigliamo trattamenti rameici, utili per cicatrizzare ferite, cancri rameali, gommosi ecc.

Prima della fioritura - quando le gemme assomigliano a bottoni rosa, si ingrossano e danno i primi segnali di apertura - consigliamo un trattamento unico su drupacee e pomacee con olio bianco associato ad un insetticida; in questo modo si prevengono numerose malattie ed avversità.

Per quanto riguarda le drupacee, in particolare peschi e albicocchi, per combattere la moniliosi si possono effettuare, anche durante la fioritura, trattamenti con fungicidi, che non vanno ad interferire con il lavoro delle api e non danneggiano altri insetti utili. Il trattamento contro la moniliosi va effettuato quando il 20% dei fiori è quasi aperto. In caso di abbondanti piogge durante il periodo primaverile, sarebbe opportuno ripetere il trattamento quando l’80% dei fiori è aperto.

A fioritura avvenuta, controllare gli afidi con un insetticida a base di piretro associato a un fungicida per controllare la moniliosi. In annate piovose conviene ripetere questo trattamento, ricordando sempre di rispettare i tempi di carenza sulle varietà che per prime giungono a maturazione.

Per quanto riguarda le pomacee, in annate molto piovose alcune varietà di melo sono più sensibili alla ticchiolatura, per la quale è sufficiente trattare preventivamente con un formulato rameico più frequentemente.

Sempre per quanto riguarda le pomacee e anche il noce, nel periodo da maggio a giugno bisogna porre attenzione alla carpocapsa (verme) con insetticida specifico. Un altro sistema molto valido contro i vermi della frutta è l’uso della confusione sessuale, metodo completamente rispettoso dell’ambiente.

Interessante e molto valido anche l’utilizzo di bottiglie di plastica con tappi “trappola” con:

vino rosso

chiodo di garofano

cannella

Questa ricetta ha dato ottimi risultati per quanto riguarda la cattura di forme adulte di carpocapsa.

Particolare attenzione sul ciliegio contro corineo (gommosi), mosca e afidi; anche in questo caso consigliamo prodotti rameici con piretro naturale.

Sulle drupacee (albicocchi, peschi, susini), raccomandiamo qualche trattamento in più con prodotti rameici, non tossici ma utili per prevenire e curare, utilizzati anche in agricoltura biologica.

Salvo necessità particolari, i trattamenti richiesti sono quindi mediamente 5 o 6, distribuiti nei mesi di febbraio, primi di marzo, fine aprile, fine maggio, in estate per il verme e infine alla caduta delle foglie, a fronte degli oltre 30 interventi che vengono normalmente eseguiti nella frutticoltura moderna.

Nella nostra esperienza, in particolare, abbiamo imparato che utilizzando il solfato di rame neutralizzato con calce (poltiglia bordolese) si possono evitare diversi problemi alle piante.

Per quanto riguarda la vite, è noto che viene comunemente colpita dalla peronospora, ma anche da oidio, botrite, ecc.; si interviene in questo caso con prodotti rameici con aggiunta di zolfo. Esistono poi varietà di vite, cosiddette tolleranti, che non necessitano di alcun trattamento; la nostra azienda ne ha recuperate oltre una cinquantina/sessantina.

Ricordiamo di trattare sempre in giornate di sole e mai nelle ore più calde della giornata. Se sfortunatamente dovesse piovere prima che il trattamento si sia asciugato, è necessario ripeterlo; nel caso di trattamenti con prodotti fungicidi, qualora dopo alcuni giorni siano di nuovo previste piogge, occorre ripetere il trattamento prima della successiva pioggia per ripristinare la copertura data dal prodotto.

Raccomandiamo in ogni caso di evitare il fai-da-te e, in caso di dubbio, di rivolgersi al vivaio o a un consulente tecnico di zona.

Se si mette a dimora una pianta a radice nuda, occorre effettuare un taglio netto sull’astone, esattamente nel punto in cui si desidera che la pianta si impalchi. Se si acquista una pianta in vaso in vivaio, normalmente ha già avuto le potature necessarie e per un anno dall'impianto non necessita di tagli.

 

Lo scopo principale della potatura è quello di dare in modo rapido forma alla pianta, senza intaccare la capacità produttiva, evitando di eliminare gemme a frutto e di favorire legno dove non necessario.

 

Parlando di frutti antichi, prevalentemente utilizzate per frutteti familiari, la forma di allevamento più diffusa è quella a vaso: occorre sostanzialmente cercare di mantenere vuota la parte centrare della pianta togliendo i cosiddetti “succhioni” e diradare i rami verticali cercando di dare una forma sempre più verso l’esterno ai rimanenti, avendo cura di lasciare i rametti piccoli che hanno gemme gonfie arrotondate, chiamate lamburde nelle pomacee e dardi nelle drupacee. È sempre buona norma eliminare i rami che si intersecano tra loro e quelli che ombreggiano il tronco.

 

Una piccola regola generale che può aiutare i meno esperti, generalmente tutte le drupacee producono sui rami del primo anno mentre le pomacee sui rami del secondo anno.

 

Eliminare sempre i rami spaccati a causa di traumi o gelate e i rami rovinati da malattie. Se il ramo tagliato o asportato è di grandi dimensioni, è opportuno proteggere la parte rimanente con una pasta cicatrizzante o rame stemprati in acqua e olio di lino.

Qualche attenzione in più nella potatura di varietà innestate su portainnesto franco, che per i primi anni tendono a formare molta vegetazione a scapito della fruttificazione (ad esempio i susini della famiglia regina, la santa rosa, ecc.), si sviluppano molto verticalmente e non riescono perciò a formare gemme a fiore.

Naturalmente, in questi casi, tagliando si peggiora la situazione, in quanto la pianta ricaccia nuovi polloni che producono inutilmente foglie e legno. In questi casi è necessario limitare molto le concimazioni ed effettuare la pratica della curvatura dei rami, utile in quanto ha lo scopo di diminuire l’incremento legnoso del ramo e rallentare lo scorrimento della linfa elaborata, favorendo così la trasformazione delle gemme a legno in gemme a frutto.

Dopo la posa a dimora della pianta, il lavoro non è finito, anzi inizia!

Anche se si tratta di un frutto antico, che necessita quindi di poche cure, non deve essere abbandonato a se stesso, soprattutto per i primi anni.

Importanti sono dunque le cure dei primi 3/4 anni di vita. Come diceva l’ ”uomo dei semi”, la pianta è come un bimbo piccolo: deve essere custodita, ha bisogno di essere tenuta “nel pulito” togliendo le infestanti e mantenendo dissodato il terreno al fine di evitare eventuali crepe dalle quali, nel periodo estivo, il caldo penetri disidratando la pianta.

Innaffiare con una certa frequenza quando l’occhio, anche se non esperto, capisce che c’è bisogno di acqua. 

In generale è meglio dare poca acqua eventualmente frequentemente, perché un eccesso di acqua su alcuni portainnesti porta marciumi e malattie fungine. Se il terreno è povero, una manciata di concime è sempre utile perché – diceva l’uomo dei semi – “la pianta deve essere a tavola”, cioè deve stare bene, non le deve mancare il necessario, così come l’uomo a tavola sta bene. Chi ama le piante ha piacere e soddisfazione nel vedere le sue piante rigogliose e nel raccogliere ottimi frutti. 

E’ importante ricordare che le lavorazioni del terreno devono essere superficiali (15-20 cm) per evitare di danneggiare le radici.

Per chi possiede qualche filare di alberi da frutto, consigliamo di seminare foraggere tra le file; le foraggere non rubano sostanze preziose alla pianta, ma anzi favoriscono la fissazione dell’azoto e migliorano la dotazione di sostanza organica a vantaggio della struttura del terreno e della sua disponibilità a cedere elementi nutritivi. Un ottimo fissatore, ad esempio, è il trifoglio, che contrasta inoltre l’insorgere di infestanti.

 

Negli ultimi anni sono molti gli appassionati che ricercano le vecchie varietà da coltivare nei frutteti familiari perché sono caratterizzate da sapori e profumi nemmeno lontanamente paragonabili alla frutta “standardizzata”. 

In ogni zona d’Italia sono presenti moltissime varietà antiche, conosciute solo localmente da tempi remoti e che non dovremmo lasciare scomparire.

La natura le aveva selezionate per adattabilità, rusticità, resistenza alle malattie e venivano coltivate ai margini dei campi o frequentemente “maritate” alla vite.

La raccolta deve avvenire generalmente quando il frutto ha raggiunto le migliori caratteristiche organolettiche, ovvero poco prima che si stacchi naturalmente dall’albero, permettendoci di gustarne a pieno il sapore. Il consumo però deve essere effettuato in tempi rapidi, per evitare la perdita di queste fondamentali caratteristiche.

Nei frutteti famigliari, la raccolta si effettua generalmente a mano, avendo cura di riporre la frutta in modo adeguato e delicato per evitare ammaccature o rotture dello stesso.

 

Importante risulta essere anche la conservazione della frutta in modo adeguato per garantire, per il più a lungo possibile, la possibilità di consumo mantenendone le caratteristiche tipiche.

Generalmente si effettua conservando la frutta in un luogo fresco e asciutto, possibilmente al buio.

Gennaio-Febbraio

Si raccolgono le marze e nel mese di febbraio si possono iniziare gli innesti.

Nel frutteto si può iniziare la potatura, tralasciando per il momento le specie più sensibili al freddo, come cachi e kiwi. Ricordare, al termine della potatura, di trattare con prodotti rameici per disinfettare le ferite e i tagli effettuati.

Se il terreno non è troppo gelato, il periodo è ottimale per i trapianti.

 

Marzo

Ultimare le potature e i trapianti di piante a radice nuda. Eseguire, al rigonfiamento delle gemme, un trattamento con olio bianco abbinato a un insetticida.

 

Aprile

Si possono ancora mettere a dimora le piante in vaso. Trattare le drupacee con un fungicida contro bolla e monilia. Concimare con fosforo. Prestare attenzione agli attacchi di afidi.

 

Maggio

Controllare l’eventuale necessità di innaffiare le piante posate in autunno. Eseguire la pratica del diradamento manuale della frutta sulle varietà precoci. Concimare con fosforo. Trattare le pomacee contro la carpocapsa ed eventualmente posizionare gli erogatori per la confusione sessuale.

 

Giugno-luglio

Controllare sempre l’eventuale necessità di acqua per le piante trapiantate. Per chi non impiega la pacciamatura, dissodare il terreno onde evitare la formazione di crepe.

E’ periodo di raccolta: ciliegie, albicocche e prugne possono essere colte al giusto punto di maturazione.

Eseguire una potatura verde, cioè togliere i succhioni e quei rami che non lasciano filtrare i raggi del sole sulla frutta.

 

Agosto-settembre

Si esegue l’innesto ad occhio dormiente. Controllare il fabbisogno di acqua delle piante anche se sono già stati raccolti i frutti.

 

Ottobre

Cessare le innaffiature. Si raccolgono i frutti sulle varietà tardive, fino a novembre-dicembre.

 

Novembre-dicembre

Eseguire una concimazione con concime organico. E’ buon uso raccogliere le foglie per ridurre la presenza di larve e spore fungine in vista dell’anno successivo. Eseguire su tutte le piante un trattamento a base di rame. Si iniziano i nuovi trapianti di alberi da frutto e viti.

 

 

Consigliamo sempre di evitare il fai-da-te e, in caso di dubbio, di rivolgersi a tecnici esperti.

Nel corso dei secoli l’uomo ha selezionato una miriade di varietà di piante da frutto: varietà resistenti alle malattie, altre che garantiscono una produttività costante, altre ancora che producono frutta conservabile per diversi mesi o adatta per diversi utilizzi (consumo fresco, frutta secca, torte, succhi, ecc.). Soprattutto in tempi di miseria o di guerra, la disponibilità di frutta durante tutto l’anno era una fonte di sostentamento di primaria importanza.

Ricordiamo che le case coloniche erano attorniate da piante da frutto che venivano piantate nei fossi di confine e spesso fungevano da sostegno per la vite; anche nel contesto dei giardini delle ville padronali gli alberi da frutto erano sempre presenti.

Talvolta si trovavano piante da frutto all’interno di siepi o in punti difficilmente accessibili: questo perché un tempo tutto ciò che spuntava dal terreno veniva allevato e poi innestato; esisteva un vero e proprio scambio di marze fra gli agricoltori, che ha permesso la diffusione di molte varietà.

Purtroppo negli ultimi 50-60 anni abbiamo potuto osservare la distruzione di quel patrimonio di varietà.

I fattori sono i più svariati: l’introduzione di macchine di dimensioni sempre più grandi per la lavorazione del terreno, la costruzione di nuove strade e in generale una edilizia sfrenata, ma anche una frutticoltura specializzata orientata su poche varietà che, pur dando frutti poco saporiti e che richiedono molti trattamenti fitosanitari, garantiscono una grossa pezzatura della frutta stessa e quindi una resa economica molto elevata.

Io ho ereditato da mio papà quella che considero “la missione” di recuperare le vecchie varietà di frutta, per fare in modo che non scompaiano e che possano nuovamente diffondersi tra le vecchie e le nuove generazioni. Credo che in questo senso ci sia uno spiraglio: vedo che in Italia alcune persone si stanno impegnando, come me, per la salvaguardia delle antiche cultivar. Sono nate diverse associazioni di volontari appassionati e oggi le stesse Amministrazioni Pubbliche mostrano la loro sensibilità per questo tema attraverso la formazione di campi didattici, così come già da alcuni anni fanno diversi agriturismi.

Sono ormai tante le persone che hanno scoperto che si può mangiare frutta magari meno bella, ma sicuramente molto più genuina.

 

In Italia ci sono tanti vivaisti appassionati come me, che raccolgono vecchie varietà, ma c’è bisogno anche di lettori ed hobbisti che ci segnalino vecchie varietà di fruttiferi che, attraverso l’innesto, riusciamo a salvare. Possiamo così contribuire alla conservazione di un patrimonio genetico prezioso, che sarebbe altrimenti destinato a disperdersi. Con i frutti antichi trovi il benessere recuperando il passato!

 

Oggi il 90% della nostra produzione di piante da frutto di varietà antiche è richiesta da hobbisti o da chi ha un piccolo appezzamento di terreno: sono anziani ma anche giovani, persone storicamente legate per svariati motivi, a volte anche affettivi, alle vecchie varietà e che possono trasmettere conoscenze e passione alle persone che hanno accanto.

 

Il mio lavoro non è solo la produzione di frutti antichi: mi occupo di progettazione, realizzazione e manutenzione di giardini, parchi e aree verdi. In fase di progettazione di un giardino, piccolo o grande che sia, sono fondamentali le piante ornamentali, belle da vedere perché regalano spesso variopinte fioriture e consentono di ombreggiare alcune zone, ma, ahimè, non danno alcun frutto da mangiare!

Consiglio sempre di introdurre in uno spazio verde, anche se adibito a giardino, qualche albero da frutto. Quando si decide di collocare un albero da frutto nel proprio giardino si tende purtroppo spesso a collocarlo in una zona volutamente poco visibile, come se non potesse svolgere adeguatamente una funzione di ornamento; pensiamo invece, solo per fare qualche esempio, alle copiose fioriture del ciliegio, alla colorazione rossa delle foglie in autunno, al rosa delicato dei meli in fiore, agli spettacolari colori delle foglie dei cachi!

L’inserimento degli alberi da frutto in giardino non è certo una novità, ma semplicemente una buona pratica che negli anni si era un po’ persa; oggi il ritorno a questa tradizione non è soltanto legato alla situazione economica contingente, ma anche alla crescente consapevolezza che il giardino non deve essere solo bello ma anche utile.

Credo sia piacevole seguire l’intero ciclo produttivo delle piante, passeggiare in giardino e cogliere un frutto dalla pianta al giusto punto di maturazione e gustarlo subito… una soddisfazione unica! Per questo dico che non dobbiamo nascondere gli alberi da frutto negli angoli più irraggiungibili del giardino, ma collocarli vicino a casa. Ricordo inoltre che i frutti antichi necessitano di pochi trattamenti fitosanitari, quindi rappresentano un’opportunità per mangiare un prodotto gustoso ma anche genuino.

 

Confido tanto nei giovani e li invito ad avvicinarsi al mondo dei frutti antichi, a riscoprire i frutti che hanno sfamato i nostri e i loro nonni. Oggi c’è bisogno, come dico sempre, di fare un passo indietro, di riavvicinarci alla terra, di imparare ad apprezzare i suoi frutti, a scegliere cibi, non solo frutta, genuini e non dannosi per la nostra salute. Mi auguro che anche le Istituzioni tengano alta l’attenzione sul tema della salvaguardia della biodiversità e sostengano fattivamente chi cerca di preservare le antiche cultivar del nostro territorio per poter lasciare alle nuove generazioni un patrimonio fatto di forme e colori, sapori e profumi unici e irripetibili. 

Nell’acquisto di una pianta da frutto, e in particolare di una cultivar antica, occorre affidarsi a professionisti seri. Spesso si è tentati di lasciarsi guidare dal prezzo, ma un prezzo molto basso può essere sinonimo di scarsa qualità o del fatto che la varietà venduta non corrisponde a quella indicata sul cartellino.

Per evitare di incorrere in questi problemi, è consigliabile acquistare le piante presso un vivaio, un garden o una agraria, che possano garantirne la provenienza e dare consigli utili sulla scelta delle varietà e sulle cure colturali (concimazioni, potature ecc.).

Le nostre piante sono prodotte in Italia, con particolare attenzione nella scelta dei portainnesti e con l’utilizzo di marze provenienti dalle madri piante del nostro campo sperimentale.

I controlli in campo per verificare l’eventuale presenza di malattie o virosi vengono eseguiti dal Consorzio Fitosanitario Provinciale di Reggio Emilia.

Da sempre la serietà ci contraddistingue e, pur trattando oltre 1400 varietà di fruttiferi, lavoro certamente complesso, il nostro impegno è sempre volto a produrre piante di prima qualità.